Il Piano Integrato di Intervento di via Ugo Foscolo a Monza

Parlare di Urbanistica a Monza ci pone nella condizione di fare un confronto con Milano, con quello che sta accadendo e le conseguenze.

 A Milano le inchieste portate avanti dalla magistratura, al di la dei fatti delittuosi, hanno acceso i riflettori su una materia, l’urbanistica, che negli ultimi decenni è stata trascinata alla deriva da una politica sempre più tracotante e rispettosa solo degli interessi privati a discapito di quelli pubblici.

 Lo si è fatto approvando leggi, dalla Legge Regionale 12/2025 in poi, fino ad oggi, con il decreto Salva Milano -ancora fermo al palo-, con il quale addirittura si cerca di giustificare la trasformazione di un piccolo magazzino in un grattacelo di svariati piani: a vantaggio di chi? Nell’interesse di chi?

 Monza ha intrapreso lo stesso percorso: si cerca di farla crescere in termini di popolazione - anche se negli ultimi 40 anni la popolazione è ferma a poco più di 120.000,00 abitanti, con operazioni immobiliari sproporzionate, che avvantaggiano privati, i quali vogliono investire solo nella realizzazione di case e supermercati.

 Non vi è più un’idea di sviluppo organico della città, ma di modifica del territorio legato unicamente alla realizzazione di abitazioni. Lo dicono i numeri dei piani attuativi dove si raggiungono percentuali che superano il 90% come destinazione residenziale e circa il 5% di destinazioni miste.

Peraltro non si risponde ad un fabbisogno abitativo, poiché la tipologia di abitazione è la casa di lusso, dove Monza non fa eccezione, e l’Amministrazione in carica ha dato dimostrazione di perseguire questo modello.

 Il punto è che le case non esistono come fatto a sé stante, come evoluzione della città che prescinde dalla programmazione urbanistica.

I non luoghi, ovvero le strade, le piazze i servizi, si contrappongono ai luoghi dell’abitazione, alle nostre case come elemento di maggiore importanza.

Un edificio destinato alla residenza – che ha dimensioni pompate - in un quartiere in cui i servizi, già sottodimensionati per la popolazione residente, è destinato ad aggravare la vita sociale - a maggior ragione se non si tratta di un unico episodio -.

Massificare la residenza a discapito del verde pubblico, della sicurezza, degli spazi sociali, è una scelta del tutto inappropriata.

 La qualità urbana dovrebbe essere il primo elemento a cui guardare, un modello ecosostenibile da cui partire per progettare la città.

 In Europa si è compreso già da tempo tutto ciò, e gli spazi urbani sono stati riqualificati, investendo in questo modello, portando i privati ad investire in ambito pubblico, perché una città in cui il territorio viene consumato è un luogo sempre più povero e degradato.

Da noi invece prevale il modello del lusso, fino ad arrivare al delirio di alcuni soggetti, che portano a dire che a Monza avremo più turismo grazie alla realizzazione dell’edificio del “maestro” Boeri e non alla qualità di un paesaggio che vivremo tutti.

 Il quartiere di Regina Pacis ha - o forse aveva, considerando la rapidità con la quale quest’Amministrazione sta agendo all’ombra di una politica urbanistica priva di programmazione - enormi potenzialità, la riqualificazione dell’area dell’ex macello, ricordiamo proprietà pubblica, potrebbe essere il più bel polo studentesco del nord Milano, con edifici di pregio da recuperare e riutilizzare come abbiamo visto in numerosi studi di progettazioni usati per Tesi di Laurea, con l’edificio dell’ex carcere che poteva ospitare ben altre destinazioni pubbliche, l’ex Monza Car, il sito adiacente alla scuola Citterio, fino alle cave Rocca, un asse stradale che poteva essere riqualificato con un giusto mix di luoghi pubblici, privati ad uso pubblico, e anche privati in una proporzione corretta, a favore di uno sviluppo ecosostenibile, per un quartiere migliore, non affogato dal traffico, dall’immondizia, dal degrado in cui versano i pochi giardinetti pubblici e dalla carenza sicurezza.

 Monza è da ripensare.